«Dopo quattordici anni di lontananza, Lukas torna a casa, sperando che il suo passato non arrivi troppo presto a rovinargli i piani.

Nella vita il tempismo è tutto.

Tommy ha ereditato dalla madre Hanna un pessimo tempismo.

Sono le due del mattino di un venerdì illuminato da una stupenda luna piena.

Hanna sta chiudendo il proprio locale, Tommy sta sfrecciando lungo la statale che attraversa il bosco per tornare a casa e Lukas sta correndo a perdifiato nell’intrico degli alberi per salvarsi la vita.

Un incontro che è uno scontro destinato a cambiare per sempre i loro destini.

Hanna sarà costretta a lasciare la propria quotidianità per scoprire qual è davvero il suo angolo di mondo e Tommy scoprirà cosa vuol dire diventare grandi.

Il passato di Lukas non solo chiederà il conto, ma lo obbligherà a guardarsi allo specchio come non ha mai voluto fare.

Può il mostro peggiore essere in realtà qualcos’altro?»


«… territus ipse fugit nactusque silentia ruris exululat frustraque loqui conatur: ab ipso colligit os rabiem solitaeque cupidine caedis vertitur in pecudes et nunc quoque sanguine gaudet. In villos abeunt vestes, in crura lacerti: fit lupus et veteris servat vestigia formae; canities eadem est, eadem violentia vultus, idem oculi lucent, eadem feritatis imago est»

«Spaventato, egli corre all’aperto, nel silenzio della campagna lancia ululati e cerca invano di parlare: in bocca si rimescola tutta la sua rabbia per l’impotenza e il solito desiderio di stragi lo sospinge contro il bestiame e lì si sfoga, compiaciuto del sangue. Le sue vesti si trasformano in ciuffi di pelo, le braccia in zampe: diventa un lupo! Ma non ha perso del tutto le proprie forme originali: la canizie è la stessa, uguale la ferocia del volto, medesimo è il lampo sinistro degli occhi, immutata l’espressione feroce»

Ovidio (43 a.C. - 18 d.C ca.),

Metamorfosi, Libro I: 235-240,

C’era un tempo in cui gli uomini vivevano in simbiosi con la Natura e tutte le sue creature, un tempo in cui gli dei camminavano fra loro e ascoltavano le loro voci.

In quel tempo viveva una Sacerdotessa che amava il proprio villaggio e la propria gente come una madre i figli.

Era il tempo in cui le legioni della grande Roma stavano lasciando la fiera e misteriosa Britannia alle orde dei crudeli barbari venuti dal Nord.

Avvenne così che il villaggio di quella Sacerdotessa fu distrutto, che la sua amata gente fu trucidata e che lei fu fatta preda della brama degli orribili uomini-mostro venuti dal Grande Freddo.

Per molti giorni essa pianse fra le rovine della propria vita, per molte notti vagò nei boschi, invocando la forza di vendicare il proprio strazio e proteggere i più deboli e i giusti.

Era il tempo in cui gli dei ascoltavano le preghiere degli uomini.

Avvenne così che la Sacerdotessa incrociò il proprio destino con il potente e feroce dio Lupo che la amò in una notte di luna piena, lasciando nel suo ventre la forza per la quale lei aveva tanto pregato e pianto, la forza con la quale avrebbe “reso giustizia e protetto”.

Fu così che nacque la gloriosa stirpe dei licantropi, in parte uomini e in parte Lupi.

La stirpe prosperò e diede figli e figlie capaci di generare licantropi di sangue, ma anche licantropi nati dal loro morso, quel morso che infligge grande sofferenza, ma che dona grande forza, quel morso che è insieme dono e dannazione.

I branchi si dispersero nel mondo e si sottomisero alla saggezza e alla forza dei loro Alfa che perpetuarono le due stirpi, mantenendo sempre vivo il precetto del dio Lupo, rendere giustizia ai più deboli e proteggere i giusti.

Gli Alfa commisero tuttavia un grave errore. Soggiogati dal potere del plenilunio, dominati dell’istinto del Lupo, mutati nella forma più selvaggia si unirono fra loro e diedero vita a licantropi troppo crudeli, i cui istinti fecero a brandelli il precetto del dio Lupo, licantropi che divennero dei dalla forza ineguagliabile.

Fu così deciso che i figli del dio Lupo non potevano essere concepiti durante i pleniluni da licantropi, perché la ferocia di quegli dei aveva causato la rovina dei branchi, quasi decimati dagli esseri umani, terrorizzati e superstiziosi.

Nei secoli a venire, tutti i licantropi si adeguarono a quella legge con devoto rispetto.

In tanti secoli un Alfa soltanto ebbe l’ardire di venire meno a quella legge.

Nelle fredde terre del grande Nord egli amò la figlia di un potente Alfa.

In una notte di plenilunio, entrambi mutati in licantropi, concepirono un figlio destinato a diventare il dio Lupo, l’Alfa degli Alfa, colui che un giorno dominerà e guiderà i branchi.

Quante volte, sua madre Amanda gli ha raccontato quella favola, quando era bambino!

In qualche modo, Lukas se l’è sempre sentita dentro, nel profondo del cuore, ma non poteva immaginare quanto fosse davvero legata al proprio destino.

Quella favola era il suo passato e il suo futuro!

A causa di quell’antica leggenda, di quel terribile destino, Lukas era stato obbligato a fuggire e a nascondere al mondo la propria esistenza, dopo aver perso molto di ciò che amava, persino una parte di se stesso.

Quando, dopo molti anni, finalmente ha deciso di tornare a casa, divorato dalla nostalgia e dalla solitudine, la sua strada impiega una manciata di istanti a prendere la direzione peggiore.


Il romanzo è arricchito da alcune illustrazioni eseguite dalla talentosa artista Giulia Daneri. Eccone alcuni esempi.