Scrivere è un atto di responsabilità.
Scrivere avventura non è solo far correre i personaggi: è decidere come il lettore immaginerà un’epoca, un popolo, un mondo. Ogni scena ambientata nel passato (o in un altrove culturale) non è solo intrattenimento: è una narrazione pubblica. Per questo servono emozione e rigore.
Cosa significa “responsabilità” in pratica
- Documentarsi davvero. Fonti plurali, non un riassunto di Wikipedia. Leggi cronache, saggi, diari, articoli accademici e—se possibile—voci interne al contesto che stai rappresentando.
- Evitare scorciatoie esotiche. Palmeti, spezie, “tribù feroci”, “deserti che ingoiano”: immagini suggestive, spesso figlie di fantasia occidentale più che di realtà. Usate in automatico, appiattiscono complessità e ripetono stereotipi coloniali.
- Onestà storica + empatia. Puoi raccontare il battito del cuore durante un arrembaggio, la paura vera di una ferita, l’odore della polvere da sparo—senza glorificare la violenza e mostrando i costi umani.
- Agenzia ai personaggi locali. Non comparse decorative: scopi, contraddizioni, linguaggio. Evita il “salvatore esterno” come automatismo di trama.
- Scelte di punto di vista consapevoli. Se il protagonista ha un bias dell’epoca, puoi mostrarlo—ma segnala la distanza (con conseguenze, non con prediche). In onnisciente, mantieni una voce che riconosca le asimmetrie di potere.
- Lingua precisa. Termini corretti, metafore coerenti con il luogo, registri realistici. Taglia gli aggettivi generici (“misterioso”, “barbaro”) e sostituiscili con dettagli verificabili.
- Paratesto utile. Nota d’autore o breve bibliografia finale: spiega dove hai condensato, dove hai ipotizzato. Non toglie magia: aumenta fiducia.
Cosa evitare (anche quando “funziona” in superficie)
- Cartoline rassicuranti: il “pittoresco” come unico filtro.
- Figure semplificate per non disturbare: il cattivo monolitico, il “buon selvaggio”, la donna-talismano.
- Violenza senza conseguenze: ferite che non cambiano chi le subisce.
- Il passato come parco giochi: anacronismi comodi per giustificare l’eroismo del protagonista.
Una promessa al lettore
L’avventura può essere epica e fedele, emozionante e documentata. Non si tratta di sterilizzare i romanzi: si tratta di sapere dove si mettono i piedi. La tensione cresce quando la posta è reale e gli esseri umani sono più che sagome.
Scrivere avventura, per me, è creare connessioni e decidere cosa vale la pena tramandare. La Storia ha già fatto abbastanza danni con versioni parziali: noi possiamo raccontarla diversamente. E se anche un solo lettore lo noterà, sarà valsa la pena.



